“La Bellezza salverà il mondo”, scriveva Fëdor Dostoevskij.
C’è da chiedersi quale bellezza?
La notizia dell’imbrattamento della facciata di Palazzo Vecchio, a Firenze, con della vernice lavabile arancione, per opera di due attivisti ambientalisti di Ultima Generazione, porta alla ribalta non tanto il tema ambientale quanto l’accento sui modi con cui la protesta è stata condotta.
Il fatto risale a una settimana fa.
L’arte è patrimonio di tutti
Le reazioni sono state di condanna e di diniego, perché il pensiero condiviso “L’arte è inviolabile, è patrimonio di tutti” ha un valore culturale più forte, più radicato rispetto al pensiero “La Terra/terra è la casa di tutti”.
Pensiamo a Firenze e a cosa essa rappresenta per l’Italia, per noi italiani, per la nostra cultura e per l’immaginario turistico.
Prima ancora di essere capoluogo della regione Toscana, è la città di Dante, la madre del Rinascimento, la città dei Guelfi, è sinonimo di arte e bellezza. Pensate alle splendide opere di Michelangelo conservate in questa città!
Si è innescato un senso allargato di comunità – lo stesso sindaco, Dario Nardella dichiara di essere intervenuto a difesa di Palazzo Vecchio con il cuore. “L’istinto di un padre o madre di famiglia che ha pensato solo a difendere la casa di tutti, Palazzo Vecchio, simbolo della storia e della civiltà di Firenze”. Il primo cittadino giustifica con queste parole la forte reazione nei confronti dell’attivista Giordano Stefano Cavini Casalini, perché lo ammette “da uomo delle istituzioni non avrei dovuto rivolgermi in quel modo nei confronti del ragazzo”.
Anche in questo caso i riflettori si accendono sul modo irato e violento con cui Dario Nardella si è scagliato contro l’ambientalista. La reazione però è stata di gran lunga diversa. Il gesto del sindaco è stato tollerato, quasi legittimato perché in molti avremmo agito così, di rabbia, di istinto, per proteggere ciò che consideriamo un valore universale, ciò che consideriamo nostro. Un nostro che non ha la connotazione del possesso, ma che ha un forte sentimento di appartenenza. In quel nostro ci riconosciamo.
Di questo “sentire nostro” ne parlo anche nel post “Si può creare un legame con la Terra?”
La terra è la casa di tutti
Il palazzo storico della città è stato preso di mira per ciò che esso rappresenta: il potere politico, quello decisionale, secondo le dichiarazioni rilasciate dall’attivista fermato dalla polizia municipale, a cui non si è opposto.
La spinta all’azione è stata innescata dalla bocciatura, da parte della Commissione Bilancio in Senato, “di alcuni emendamenti a un disegno di legge riguardante il taglio di diversi sussidi ambientalmente dannosi“. Secondo Ultima Generazione,“la misura avrebbe consentito di recuperare circa 500 milioni di euro di fondi – si legge nel comunicato stampa dell’Organizzazione – impiegabili per mettere in sicurezza il Paese dalla severità delle condizioni siccitose attuali e prossime e per altri investimenti nella conversione ecologica”.
L’intervento immediato delle forze dell’ordine e di alcuni esperti restauratori presenti nelle vicinanze ha limitato danni alla roccia porosa, con cui l’edificio fu costruito.
“Per denaro” – risponde l’attivista alle domande del giornalista riferendosi alle istituzioni pubbliche – “sono giunti perfino ad avvelenare la terra dove ho sempre vissuto, interrando illegalmente nel suolo rifiuti tossici e potenzialmente pericolosi, non si sono fatti scrupoli nel mettere a rischio la mia vita e quella delle persone a me care. Oggi sono costretto, mio malgrado, alla ribellione, non mi è possibile tollerare lo spettro della morte portato sulla mia casa.”
Queste parole rilasciate dall’attivista motivano la sua scelta di ribellione.
Parole che non mi hanno lasciato indifferente, che hanno mosso qualcosa dentro di me.
Se all’inizio anch’io ero pervasa da un senso di contrarietà nei confronti di questo gesto, dopo averle lette, ho provato un moto di vicinanza per Giordano.
Il fine giustifica i mezzi?
Domanda di machiavellica memoria, benché la versione affermativa fu erroneamente attribuita a Nicola Machiavelli.
Il gesto perpetrato contro un simbolo della storia, dell’arte architettonica, della bellezza, riceve una doppia condanna. Oltre ad aver calpestato un valore in cui ci riconosciamo, condanniamo il modo, che contraddicono le buone intenzioni. Perché?
“Per ripulire l’intera facciata sono stati impiegati circa 5000 litri di acqua”, leggo in diversi articoli.
Ecco come la figura dell’attivista, ambientalista, ecologista assume una connotazione negativa.
L’azione definita vandalica ha causato l’uso di 5000 litri di acqua, risorsa preziosa e allo stesso tempo limitata, soprattutto in un paese come l’Italia, dove i livelli di rischio siccità sono aumentati notevolmente negli ultimi anni.
Ultima Generazione si batte per un futuro ambientale migliore per tutti, ma ha provocato un consumo di acqua importante.
Quanto stride questo?
La condanna da questo punto di vista è forte.
La classica situazione in cui ci si dà la zappa sui piedi.
Per dare concretezza ai numeri
5000 litri d’acqua sono il corrispettivo del volume racchiuso in 5 cubi con gli spigoli lunghi un metro.
Con 5000 l d’acqua si può irrigare un orto di 1000 m² per 10 giorni, utilizzando circa 0,5 litri d’acqua per ogni metro quadrato.
Chi è Ultima Generazione
Ultima Generazione è un’organizzazione formata da comuni cittadini preoccupati per il futuro, per il nostro e per quello di chi verrà dopo di noi.
La scelta del nome è molto emblematica e chiara: si riferisce al fatto che siamo l’ultima generazione che può ancora cambiare qualcosa rispetto alla situazione ambientale attuale.
Non lo dicono loro, sono i dati che parlano. Di ciò che sarà, infatti, c’è solo un grosso punto interrogativo.
Ultima Generazione si pone contro una politica finanziaria basata sul consumo di combustibili fossili, il cui uso è fra i principali fattori dell’origine del riscaldamento globale e del cambiamento climatico.
Organizza perciò azioni di disobbedienza civile non violenta, come quella dello scorso 17 marzo a Firenze.
Da che parte stare?
Ecco la domanda trabocchetto.
Alle volte sembra che dobbiamo scegliere fra due fazioni: Guelfi o Ghibellini? In questo caso: Arte o Terra? Attivisti o Spettatori/Giudicanti?
In quale gruppo vi riconoscete e perché?
Non è banale porsi determinate domande, perché le risposte che emergono possono farci comprendere da cosa dipende la nostra scelta, che possiamo sempre riconsiderare.
Dopo diverse letture di articoli e opinioni mi sono chiesta da dove sarebbe opportuno partire? Con quali strumenti? O meglio con quali parole?
L’ultima domanda non è casuale, perché le parole hanno il loro peso, veicolano messaggi, ci definiscono, ci permettono di dire chi siamo se si sanno usare.
In tutta questa faccenda da quali parole partire per riuscire a costruire un senso di comunità profondo, vero, radicato che ci aiuti a riflettere meglio senza scagliarci l’uno contro l’altro, ma soprattutto a fare delle scelte concrete, consapevoli e responsabili.
Io ho scelto le mie: casa, comunità, risorsa, storia, futuro.
Mi piacerebbe approfondire con voi nelle prossime settimane quale sentire portiamo con noi quando pronunciamo queste parole.
Voi, da quali parole partireste?
Partirei dalla parola: SIAMO!
L’argomento è di per se complicato, nessuno può negare che SIAMO tutti responsabili dello sfruttamento del pianeta, chi più chi meno, chi consapevole o inconsapevole ma lo SIAMO tutti. Per ogni oggetto che usiamo in qualche modo violenxiamo il pianeta. usiamo le macchine, i cellulari, shampoo, detersivi, fazzoletti di carta, carta igenica, non c’è una cosa che non sia in qualche modo nociva o invasiva per il pianeta.
SIAMO. SIAMO tutti responsabili perchè vogliamo la proverbiale botte piena e moglie ubriaca. Ci scagliamo contro il petrolio e la tecnologia (giustamente nella maggior parte dei casi) ma non pensiamo che secompriamo un libro, un albero si è sacrificato? Quanti alberi per tutta la carta che riempe le librerie, per le riviste, le scatole e scatoloni? guardiamoci in torno e moltiplichiamolo per quanti…? Ma è naturale, è carta, è reciclabile, è deteriorabile. No, spesso ha inchiostri, prodotti chimici e plastiche e comunque per ottenerla si devono abbattere alberi, ossigeno, ricchezza per il pianeta, vita.
SIAMO tutti responsabili, tutti colpevoli. Ci piace la comodità, la facilità, la bellezza.
SIAMO i creatori di quell’arte che tanto ci preme difendere, di quelle arti che sentiamo nostre e per cui siamo disposti a fingere che ci importi per 5 minuti al giorno del nostro tempo.
SIAMO. SIAMO responsabili ma non vogliamo esserlo. Non serve insultare, non serve fare scenette teatrali e mettersi a lavare la facciata davanti a tutti per attirare consensi.
SAREMO responsabili solo il giorno che accetteremo di sederci intorno ad un tavolo e ascolteremo davvero ciò che urla il pianeta, che rinunceremo a qualche piccola comodità per mettere davvero un cerotto sulla ferita aperta che continuiamo a provocare.
Più si urla, meno si viene ascoltati; più deturpano opere d’arte meno la gente sarà dalla loro parte.
Abbiamo tecnologia e scienziati con progetti e proposte che aiuterebbero a risollevare la salute del pianeta ma SIAMO troppo impegnati ad arrabbiarci per le cose sbagliate.
Un giorno SAREMO obbligati a fermarci tutti e guardare in faccia la realtà, quale dipende solo da noi. SIAMO o SAREMO?
Grazie per le tue osservazioni! Leggendo quanto scrivi mi permetto di estrarre un’altra parola che credo sia molto importante: RESPONSABILITA’. Quindi riprendendo il tuo commento: siamo tutti responsabili, nessuno escluso. Responsabilità è un termine che non va molto di moda, perché presuppone una profonda consapevolezza e un’etica elevata, che permettono di scegliere liberamente non tanto da che parte stare ma come percorrere strade possibili e talvolta come nel caso di questo giovane padre di essere cosciente delle conseguenze delle proprie azioni e di abbracciarle come tali.