Inequivocabile, vero?
Il calendario non mente, e se vi dicessi che il 1 marzo era il Capodanno per molte civiltà? Non solo quella romana, ma per molte altre pre-cristiane?
Ne sono un esempio i riti di tutto l’arco alpino che si celebrano tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, ma anche quelli dei territori dell’est europeo, come Romania, Bulgaria, Macedonia.
Troviamo tracce di questo antico rito anche in luoghi come il Messico, il Giappone, la Cina.
Cosa succede tra i mesi di febbraio e marzo?
In contesti rurali e montani diverse comunità celebrano in questo periodo la fine dell’inverno e contestualmente l’inizio della primavera. Si tratta di una sorta di festa di paese che segue un rituale.
Si attende di solito l’imbrunire.
Uno degli elementi che fanno parte di questo rito è il fuoco, che ritroviamo anche in diverse feste popolari dall’inizio dell’inverno. Il fuoco simboleggia la luce, che viene celebrata, attesa e invocata.
Lo troviamo in Germania l’11 novembre nelle lanterne dei bambini che celebrano la festa di San Martino.
Un ottimo esempio è la candelora, la festa della luce, che nelle comunità cristiane è mutuata nella celebrazione legata alla presentazione di Gesù al tempio. Di solito cade il 2 febbraio.
Prima ancora troviamo il rito de “Il Brusa la Vecia” nel giorno della Befana, il 6 gennaio, molto sentito e seguito nell’arco alpino.
A cavallo di questi due mesi notiamo che le ore di luce cominciano a essere di più rispetto a quelle del buio.
È il primo indizio che fa ben sperare nell’arrivo della nuova stagione.
Da ricordare che ogni rito è profondamente legato al ciclo della natura.
Cosa significa nuova stagione?
La nuova stagione, lo impariamo sui libri di scuola, si chiama primavera, che viene subito dopo l’inverno, il periodo notoriamente più freddo, più buio, più misterioso.
Nel mistero di questo tempo si vive l’attesa del risveglio della natura, della luce, della vittoria del bene sul male.
Un tempo, quando l’elettricità, il riscaldamento, i supermercati non esistevano, si dipendeva esclusivamente dal raccolto ottenuto dalle stagioni che antecedono l’inverno, e quindi l’estate e la autunno. Motivo per cui esiste la festa del ringraziamento che corrisponde alla festa del raccolto.
Se il raccolto era stato buono, c’erano buone possibilità di riuscire a superare l’inverno.
Una buona riserva di legna con cui accendere il fuoco non doveva assolutamente mancare, come pure le conserve fatte in case, la patate, la farina, la carne conservate in luoghi adatti per il loro mantenimento. Questi erano tesori indispensabili, ma come ben immaginate, finivano perché appunto venivano consumati.
La primavera era attesa e celebrata come speranza di rinascita della vita, nel senso più ampio del termine: vegetale, animale e umana. A primavera gli alberi germogliano per dare il loro frutto (la festa degli alberi), gli animali tornano a pascolare per mangiare l’erba buona che avrebbe assicurato un buon latte (festa della transumanza), gli uomini ricominciano le loro attività all’esterno (la festa di San Giuseppe, che si lega alla fiera di primavera in cui si vendevano utensili e merce come lana, calzini, scope, maglie, realizzati durante le lunghe giornate invernali trascorse a casa, tra il focolare e la stalla), perché il buio e il freddo non ci sono più.
Cosa si intende con risveglio della natura?
La natura ha dormito tutto questo tempo?
Certo!
Nel post “Cosa fanno gli animali in inverno” parlo per esempio di come gli animali affrontano il periodo più freddo dell’anno.
Anche le piante si riprendono dal loro “sonno” invernale, in cui hanno scelto una modalità “stand by” come fanno i nostri pc quando lasciati accesi inseriscono un dispositivo di riserva che consente loro di non perdere dati.
Appena le temperature si fanno più miti, la natura avverte il cambiamento e attiva tutti i suoi sensori, si rianima, riprende vita.
In questo movimento ciclico, che si chiama vita, notiamo come i maschi in natura cominciano le loro danze per impressionare le femmine al fine di potersi accoppiare.
È il motivo per cui molte specie di animali, hanno un piumaggio, un mantello o un palco (le corna) molto più appariscenti delle femmine. In natura è la femmina a scegliere il maschio, il quale si dà da fare per essere scelto.
Non è quindi un caso che in queste feste celebrative chi agisce è l’uomo maschio.
Nel “Tratomarzo”, tipica celebrazione delle valli trentine della Rendena e del Tesino – da cui l’interpretazione dal dialetto “È arrivato marzo”, i maschi, nello specifico i coscritti – i giovani che sono diventati maggiorenni, quindi adulti, perciò pronti ad assumere un ruolo di responsabilità all’interno della comunità – portano sul capo un cappello tutto ornato di fiori e fili colorati, in particolare risaltano il bianco e il rosso.
Si riuniscono su un colle, monte prospiciente al paese, dove al calare del buio accendono un falò, e da lì cominciano il loro canto, intercalato a “promesse” di matrimonio. Vengono infatti nominate delle coppie attendibili oppure solo burlesche.
Infatti un’altra interpretazione del termine trentino “Tratomarzo” è “titar zo marzo” che significa gettare dall’alto la promessa di marzo, che equivale a una promessa di matrimonio.
Questo rito si trova in forme molto simili in Tirolo, Austria, con lo “Scheibenschlagen”, in Friuli con “Las cidulas” e nei Grigioni, in Svizzera, con la “Cialandamarza”.
Martisor
Mi piace nominare la festa di primavera che si celebra in Romania, come anche in altre zone dell’Est Europa, molto sentita e celebrata.
Il termine significa piccolo marzo o caro marzo.
Questa festa si lega a Dacha, un’antica divinità che muore il 1 marzo e rivive il 9 marzo. Questa figura femminile ricorda la Grande Madre Terra, temuta dall’uomo perché dispensatrice di fertilità, amore e fortuna, quanto di morte e di sfortuna. Questa divinità incarna l’eterna lotta fra male e bene.
Motivo per cui il 1 marzo si regala a ogni donna, sia essa madre, figlia, sorella o moglie, un amuleto, un portafortuna, al fine di proteggere, custodire coloro le quali possono essere portatrici di vita. Il ciondolo ornato di nastri bianchi e rossi, il primo a simboleggiare l’inverno, il secondo la primavera è chiamato Martisor.

E dalle tue parti si festeggia l’arrivo della primavera?
Se ti fa piacere, puoi rispondermi nei commenti.
Alla prossima!
Mirtis, grazie! Sei una fonte preziosa e inesauribile non solo di costumi dal punto di vista storico e sociale, ma anche di collegamenti e nessi che si intrecciano, travalicando i confini del territorio locale e assumendo nuovi significati nelle realtà più svariate.